Ieri l’udienza presso il Tribunale di Cassino sul processo per lo “smaltimento irregolare di reti e retini nelle acque del Golfo di Gaeta”. 18 gli imprenditori chiamati a rispondere di questa accusa, tutti titolari di concessioni per l’esercizio della miticoltura nelle acque del nostro mare.
Il processo si istruì nel 2019 e il Comune di Formia (unico ente) si costituì parte civile, molte di quelle reti si spiaggiarono sul lungomare di Vindicio, alcune vennero trovate a Gaeta e a Minturno, impressionanti ciò che i sub videro sotto lo specchio d’acqua che si trova davanti le nostre coste. Eppure oltre al Comune di Formia e a Legambiente, nessuno altro comune del Golfo o associazione di categoria, ha creduto importante costituirsi parte civile, per difendere il territorio e rappresentarlo in tribunale.
Innanzitutto diciamo che lo smaltimento non regolare di reti è causa di decadenza della concessione per l’esercizio degli allevamenti di mitili, come prevede la convenzione regionale e le norme nazionali ed europee.
Inoltre la presenza delle reti nei fondali distruggono la biodiversità, pregiudicano altre fonti economiche quali la pesca, il turismo e la qualità delle acque.
Tra il 17 e il 18 giugno scorso, a Villa Irlanda a Gaeta, si sono riuniti i massimi esponenti dell’economia del mare, e quindi coloro che in primis si dovrebbero adoperare affinché il golfo e le sue acque siano protette da scempi e inquinamento. Si ricorda che il 27% dei rifiuti plastici trovati sulle spiagge italiane ed europee sono reti e retini come quelle “a processo” a Cassino. Ma nessuna delle associazioni di categoria presenti si è costituita parte civile al processo e soprattutto mancano le istruzioni, i due altri comuni del Golfo, Gaeta e Minturno, e la Provincia di Latina.
Si è ancora in tempo per mettere mano al controllo delle concessioni e dei concessionari (oggi gestiti dall’ufficio demanio dei comuni costieri) a come vengono smaltite le reti e i retini, che ricordiamo devono essere sostituite almeno una volta durante il ciclo di vita della cozza (dati FAO). Controlli che potrebbero essere coadiuvati anche con la Camera di Commercio ( con il presidente Giovanni Acampora ), che ha risorse e informazioni sulle imprese da controllare. Creando un circolo virtuoso che protegge coloro che fanno economia del mare ecosostenibile e mette fuori invece speculatori e sfruttatori di beni comuni. Si comprende che questi controlli comportano impegno e soprattutto non tutelano quei “pacchetti di voti” comodi in tutte le campagne elettorali, lì la Blue Economy si infrange con la real politic che non lascia scampo e spazio a nessuno.
Forse si è arrivati al punto di dover scegliere ed essere netti, chiari e senza mezzi termini.
Forse non c’è più tempo per tergiversare, altrimenti perdiamo sia il nostro territorio che la Blue Economy e quanto di positivo possa portarsi dietro.
Comunicato Stampa
Operatore dell’informazione. Attivista culturale impegnato a scoprire, analizzare, descrivere e diffondere avvenimenti di vita locale quotidiana
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