Il Tar del Lazio boccia la riforma degli istituti tecnici e professionali

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La sentenza accoglie il ricorso contro la riduzione delle ore settimanali introdotta dalla Gelmini per tagliare la spesa: “illogicità e incongruenze manifeste”, intervento “su base discrezionale sulle discipline caratterizzanti i corsi”. Si aprono nuove prospettive di lavoro per gli insegnanti. La palla passa al ministro Carrozza
di SALVO INTRAVAIA

Il Tar Lazio demolisce la riforma Gelmini dei tecnici e dei professionali. E per la maggior parte degli studenti – il 53 per cento – delle scuole superiori italiane si prospetta il ritorno ai quadri orari in vigore prima della riforma del 2010, con più ore settimanali di materie d’indirizzo. Secondo la sentenza resa nota dallo Snals lo scorso 9 dicembre, per i giudici amministrativi la riforma sarebbe dettata da “malcelate ragioni di contenimento della spesa pubblica” e mirerebbe soprattutto a tagliare un gran numero di cattedre: 87.400 per la precisione. “La sentenza – commenta Marco Paolo Nigi, segretario generale dello Snals – assicura la serietà degli studi, dal momento che la riduzione di orario aveva inciso proprio sulle materie professionalizzanti, determinando una violazione dei livelli minimi delle prestazioni didattiche”. E tutela gli interessi degli insegnanti che potrebbero vedere aumentare le cattedre e le possibilità di assunzione.

La storia inizia tre anni fa. Nel 2010 vengono pubblicati i due regolamenti sul “riordino” degli istituti tecnici e professionali. A partire dall’anno scolastico 2011/2012, viene ridotto da 34 a 32 il numero delle ore settimanali per le classi seconde e terze degli istituti professionali. Taglio delle ore che per le seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici parte già dall’anno scolastico 2010/2011: in tutto 32 a settimana. Una modifica del curriculum scolastico “a partita in corso” che fa storcere il naso al sindacato il quale impugna i due regolamenti lamentando la modifica del cosiddetto Patto formativo che le scuole avevano stipulato con gli studenti e le loro famiglie.

In altre parole, gli studenti che si trovavano già nelle classi successive alla prima non dovevano essere interessati dalla riforma Gelmini perché erano entrati negli istituti tecnici e professionali prima che la riforma stessa entrasse in vigore. Invece si sono visti modificare – cioè tagliare – le ore settimanali senza potere dire nulla. I giudici del Tar Lazio accolgono le censure dei ricorrenti che accusano di “illogicità e incongruenza manifeste” i provvedimenti in questione. Ecco perché. “Secondo il Testo unico delle leggi sull’istruzione – si legge nel dispositivo – scopo precipuo dell’istruzione tecnica sarebbe quello di preparare all’esercizio di talune funzioni tecniche o amministrative”, mentre “l’istruzione professionale avrebbe quello di impartire una preparazione teorico pratica adeguata per consentire l’esercizio di qualificate mansioni”.

Ma la riforma taglia le ore di lezione. E lo fa “sulla base di un criterio del tutto discrezionale”: la riduzione del 20 per cento dell’orario di insegnamento delle discipline relative alle materie con non meno di 99 ore annue. In questo modo, la riforma interviene “sulle discipline caratterizzanti i corsi, in maniera per di più indiscriminata, senza individuare le discipline sulle quali incidere”. Ad essere tagliate sono le ore delle materie professionalizzati, che configurano i livelli essenziali della prestazioni, in contraddizione con quanto previsto dal Testo unico sull’istruzione. Con la riforma Gelmini, spiega la sentenza,”paradossalmente, usciranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata; aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti”.

Una bocciatura a tutti gli effetti. Anche perché i giudici amministrativi osservano che “le due disposizioni regolamentari più che recare norme per la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari” portano “sic et simpliciter il taglio degli orari”.

Adesso, la palla passa al ministro Maria Chiara Carrozza che dovrà dipanare la complicata matassa. “Lo Snals-Confsal – conclude Nigi – auspica che il ministro rispetti la decisione del Tar. In caso contrario, il sindacato continuerà a portare avanti le proprie iniziative a tutela degli insegnanti, degli studenti e delle loro famiglie”. In ballo migliaia di cattedre che la ministra di Leno ha tagliato per ridurre il peso dell’istruzione statale sulla spesa pubblica del Paese.

Fonte: R.it Scuola


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